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Un progetto di interdipendenza in CamerounQuando si parla di medicina nei paesi in via di sviluppo, il punto focale sembra essere la disponibilità delle risorse. Tuttavia, essa da sola non è sufficiente in quanto esistono dei presupposti senza i quali non si può dar luogo ad un sistema sanitario di buona qualità.Senza voler minimamente sottovalutare l’importanza dell’aspetto economico, ci sembra di dover rilevare, in base alla nostra diretta conoscenza di un sistema sanitario di un paese africano, il Camerun nel nostro caso specifico

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DOTT. PIERO TAITI: Per riuscire ad attuare un progetto di interdipendenza è necessario operare una comunione delle risorse e del sapere, delle virtù civiche, delle caratteristiche culturali, delle esperienze politico-istituzionali.

Quando si parla di medicina nei paesi in via di sviluppo, il punto focale sembra essere la disponibilità delle risorse. Tuttavia, essa da sola non è sufficiente in quanto esistono dei presupposti senza i quali non si può dar luogo ad un sistema sanitario di buona qualità.
Senza voler minimamente sottovalutare l’importanza dell’aspetto economico, ci sembra di dover rilevare, in base alla nostra diretta conoscenza di un sistema sanitario di un paese africano, il Camerun nel nostro caso specifico, che esistono dei presupposti, senza i quali, neppure una disponibilità infinita di risorse darebbe luogo ad un sistema sanitario di buona qualità.
Nel caso nostro abbiamo una sanità pubblica ed una privata ( quest’ultima quasi sempre emanazione di associazioni private e missionarie che sono nella loro impostazione molto “occidentalizzate” e quindi non rilevanti per il nostro discorso ).
Il primo problema è quello di stabilire a quale paradigma di medicina fa riferimento il servizio pubblico : noi non possiamo che far riferimento alla medicina scientifica quale si è sviluppata negli ultimi secoli nel mondo occidentale.
La Cina per esempio segue due strade contemporaneamente: la medicina scientifica occidentale ( sempre più accreditata e seguita) ma mantiene ospedali e prassi diffuse della medicina tradizionale ( con alcune pratiche che si sono diffuse anche in Occidente, come l’agopuntura) ma mantenendo anche terapie con denti di tigre, zanne di rinoceronte, etc. etc. quasi esclusivamente riservata alla gente povera della campagna.
Questa medicina ancora piena di procedure magico-mistiche esiste anche in Camerun ed è bene per sommi capi conoscerla perché spesso i nostri pazienti vi fanno ricorso in maniera non sempre consapevole. Eppure la distinzione tra medicina alternativa e quella che si basa su evidenze scientifiche è necessaria perché su questa distinzione spesso si crea uno spartiacque di evoluzione sociale, culturale ed economica, che divide la popolazione di riferimento, come nell’esempio cinese e ancor più nelle civiltà africane.
Il secondo problema è quello dell’educazione della popolazione sia dei medici che degli utenti.
Per quanto riguarda i medici c’è una valutazione di competenza che non dovrebbe conoscere limiti geografici o culturali : esiste oggi un patrimonio di conoscenze e di tecniche che devono essere
possedute. Ammettere che i chirurghi in Africa possano avere una vaga idea dell’anatomia ( si fa riferimento a fatti concreti ) significa rilasciare con l’abilitazione professionale una licenza di uccidere. E questo è vero a Londra come a Città del Capo, contraddicendo l’opinione di taluni che pensano che si possano accettare per l’Africa livelli di formazione e di capacità meno esigenti : normalmente è vero esattamente il contrario per il motivo che il contesto pone problemi supplementari rispetto ad un nostro normale standard.
C’è inoltre da rilevare che è indispensabile un’etica della professione radicale. Esistono, a nostra conoscenza, zone del Camerun in cui il Governo centrale finanzia le scuole pubbliche, ma dove i docenti possono prendere lo stipendio senza metterci mai piede. Siccome il sistema sanitario prevede anche il libero esercizio della medicina, non è proibito guadagnare, ma è indispensabile presenziare attivamente sul luogo di lavoro per il tempo previsto : un problema esattamente uguale a Roma come a Douala, anche se non nelle stesse proporzioni. Stipendiare medici che di fatto non ci sono, non contribuisce alla produttività del sistema sanitario.
Poiché in Camerun la sanità pubblica prevede che il cittadino vi possa accedere dopo aver pagato tutto preventivamente ( dalla luce elettrica al filo chirurgico ) ciò ostacola l’accessibilità al sistema soprattutto in condizioni di emergenza.
Ne consegue che l’accessibilità dipende in gran parte da un fatto culturale e da quanto il paese garantisca una giustizia economica distributiva ( altrimenti il sistema è usufruibile solo dai benestanti ).
Mentre il sistema sanitario italiano cerca di spostare il peso economico della sostenibilità dalla tassazione generale sul cittadino ammalato (attraverso ticket e balzelli vari), in molti paesi dell’ Africa questo non avviene perché il costo del sistema sanitario grava già tutto sulle spalle dell’ammalato. Questo tipo di gestione sanitaria dà come risultato che gran parte dei medici o si laureano all’estero e vi rimangono, oppure una volta laureati cercano lavoro nel mondo occidentale, e gli ammalati scappano nelle strutture sanitarie estere o private.
Fare educazione sanitaria in Africa è può sembrare arduo, ma non impossibile. In contesti svantaggiati come il nostro, si tratta di affrontare la situazione valorizzando le capacita' piu' che le carenze del luogo, considerando ognuno come soggetto attivo, creando reti fra strutture sanitarie, enti pubblici e privati. Occorre promuovere e sostenere lo sviluppo e l’insediamento di attività cliniche appropriate avvalendosi delle tecnologie più adatte.


DOTT.SSA LAURA BAZZINI: In questo contesto si inserisce l’attività dell’Ospedale Mary Health of Africa a Fontem, piccolo villaggio immerso nel cuore della foresta equatoriale del Camerun Sud Occidentale. Non è questo il momento di descrivere l’Ospedale, mi limerò a dire che, in risposta alla richiesta di aiuto arrivata dalla popolazione locale in pericolo di estinzione, nel 1966 un primo gruppo di medici e infermieri del Movimento dei Focolari si trasferisce dall’ Europa nella zona, in servizio alla popolazione locale, con un approccio rispettoso che porta lentamente nel tempo a molte adesioni libere e spontanee ad una proposta di comunione , che si riflettono anche in una nuova e più armoniosa convivenza tra le diverse etnie presenti nella regione, e nei rapporti tra autorità tradizionali e poteri statali centrali e periferici.
L’azione, iniziata nel 1966, tuttora continua, con contributi sempre più aggiornati alle esigenze dell’oggi di un Paese che sta comunque sviluppandosi, e che poggia su alcune idee forza che Chiara Lubich ha più volte espresso nei suoi vari interventi come quando afferma che “..Interdipendenza significa rapporto di connessione reciproca tra due realtà che si condizionano a vicenda. Rapporto che non si potrà attuare, se non sarà caratterizzato dal rispetto reciproco, dalla comprensione vicendevole, dal saper far posto gli uni e gli altri alle difficoltà, ai problemi e alle realtà altrui, all’accoglienza dei rispettivi doni. In pratica dal mutuo amore così come si vive tra fratelli.
L’interdipendenza comporta la scelta del dialogo rispetto a quella dell’egemonia, la via della condivisione rispetto a quella della concentrazione di risorse e di saperi in una sola area del mondo. L’interdipendenza fraterna è davvero «mutua dipendenza», perché implica che l’affermazione della mia identità non può avvenire né per difesa, né per opposizione, ma si raggiunge attraverso la comunione ..” .
Questa visione non ha nulla a che vedere con un modo di intendere, permettete il termine forse improprio, “missionario” di chi solo porta o solo riceve.
Colpisce il confronto tra un immagine della vallata e dell’Ospedale di Fontem del 1969 e ad una di oggi per capire quanto abbiano fruttato gli sforzi delle persone che si sono impegnate in questa sfida ormai ultra quarantennale che richiede continui apporti ed aggiornamenti per rispondere sempre più e sempre meglio alle mutate esigenze d’integrazione e di sviluppo che, nel contesto della mondializzazione in atto, spingono affinché alle nuove generazioni sia resa possibile una vita migliore di quella dei loro predecessori.
Attualmente nell`ospedale di Fontem , con una capacita complessiva di 160 posti letto, lavorano 114 persone. Tra questi n 67 hanno qualifica professionale e tutti i dipendenti sono assunti secondo le leggi del Ministero del lavoro del Cameroun.
Le malattie più comuni sono malaria (20%), Tifo (20%) infezioni dell`apparato respiratorio (7%), e infezione da virus HIV (5%). Oltre i pazienti che vengono dal distretto, sono in aumento costante quelli che vengono dalle altre provincie del Paese.
Nel 2012 sono state effettuate 8600 consultazioni ambulatoriali, 1700 ricoveri tra medicina generale e pediatria, 230 casi di chirurgia, 322 parti .
Su iniziativa del Comitato Nazionale di Lotta alla SIDA (CNLS), sotto la responsabilità del ministro della Salute, dal 01/07/2005 l'ospedale è diventato centro di trattamento per le persone affette da HIV, con decreto riconosciuto e firmato dal Ministero della Salute.
L’ONG Azione per un Mondo Unito (AMU) ha sostenuto le numerose azioni che si sono promosse per Fontem, sia in ambito nazionale che internazionale.
È da segnalare che la realizzazione di questi progetti, ha comportato l’installazione e la messa in servizio di un sistema di collegamento satellitare, ottenuto anche grazie alla collaborazione della rete di ONGs “ActNow Alliance” e dell’Agenzia Spaziale Europea, che ha messo a disposizione un segnale satellitare sperimentale nell’ambito di un programma di rafforzamento delle capacità e di telemedicina per l’Africa. Tali sistemi di comunicazione sono attualmente in uso presso l’ospedale di Fontem con interessanti implicazioni e prospettive future.
Limitandoci ai progetti più recenti citiamo i seguenti:
Il progetto per il management del carcinoma della cervice uterina, promosso nel 2005 dalla Dott.ssa Laura Falchi di Firenze con i contributi della Regione Toscana. Il Carcinoma della Cervice uterina rappresenta un importante problema di salute pubblica nei Paesi in via di sviluppo; nello specifico in Camerun rappresenta il 70 % delle neoplasie ginecologiche maligne.
Il progetto ha previsto l’attivazione di un servizio di prevenzione oncologica per la patologia cervicale. Il test convenzionale di screening per il cervico-carcinoma viene effettuato alle pazienti HIV positive inserite nel follow-up ed alla popolazione locale spontaneamente afferente.
Dal 2009 un ruolo importante è stato ricoperto dal progetto triennale di cooperazione ancora con la Regione Toscana, promosso dal Direttore Sanitario dell’Ospedale di Prato “ Per il sostegno delle attività mediche, formative e scientifiche dell’Ospedale “Maria, salute dell’Africa”.
Tale progetto ha permesso l’invio di attrezzature per la chirurgia e l’anestesia, un gastroscopio, macchinari per il laboratorio di analisi (citofluorimetro, conta globuli e apparecchiature per la sierologia ) e soprattutto l’addestramento del personale in loco con il contributo lavorativo di medici italiani inviati in missione: un anestesista, un chirurgo generale, due ginecologi, una laboratorista.
Il direttore del dipartimento di Anatomia Patologica dell’Ospedale di Prato, Dott. Augusto Giannini, aveva già da un anno dato la disponibilità per l’allestimento e la lettura dei pezzi bioptici e degli strisci cervicovaginali provenienti da Fontem. L’acquisto degli strumenti è stato effettuato in considerazione della sostenibilità, sia dal punto di vista economico che funzionale, al fine di evitare l’acquisto di apparecchiature in assenza di personale capace di utilizzarle.
I risultati sono stati l’apprendimento di nuove tecniche chirurgiche, anestesiologiche e di laboratorio con ’incremento delle attività della struttura di Fontem nei settori sopradetti.
La collaborazione fra i partners è nata dalla loro conoscenza e condivisione dell’azione promossa per il miglioramento delle condizioni di salute di popolazioni più svantaggiate . Così l’intenzione di voler apportare ciascuno il proprio contributo (professionale, economico, strumentale, culturale) si è sviluppata in una dimensione di integrazione e di dialogo interdisciplinare perché la realtà con cui le varie competenze scientifiche e umanistiche si sono confrontate ha favorito la circolarità della cultura e l’interazione reciproca.
Come effetto della reciprocità gli abitanti di Fontem che risiedono all'estero (Usa, Canada, Belgio), attraverso le loro organizzazioni socioculturali, sostengono iniziative volte ad inviare risorse per l’Ospedale ed in particolare a sostenere il progetto di nutrizione con latte artificiale dei neonati da madri sieropositive.


DOTT.SSA NOVELLA RUSSO: La fruibilità di un processo educativo continuativo nel tempo che porti medici e paramedici non solo al mantenimento delle proprie competenze ma anche all’aggiornamento ed alla acquisizione di nuove abilità e conoscenze è alla base del miglioramento dell’assistenza sanitaria in tutti i paesi. Seguendo questo obiettivo il progetto si è ulteriormente articolato in un impegno formativo a distanza attraverso la telemedicina, sostenuto da due ginecologi italiani, la sottoscritta e il Dott. Daniele Agostinelli da Bari che dal 2010 dopo aver trascorso un periodo presso l’ospedale di Fontem, hanno proseguito le lezioni di aggiornamento a distanza dall’Italia collegandosi periodicamente via satellite con i medici e gli infermieri.
Il reparto Maternità è affidato alle ostetriche locali, giovani e volenterose ma talora inesperte nella gestione di alcune situazioni difficili. Le ostetriche seguono le donne in gravidanza, nel travaglio di parto fisiologico e nel puerperio. Nell’evenienza di un intervento di taglio cesareo interviene un chirurgo.
Esiste poi una zona d’ombra, dove non si sa più di chi siano le competenze, che è quella che riguarda il travaglio di parto complicato, la gestione del parto nelle gravidanze oltre il termine, le urgenze in ostetricia e tutte le patologie connesse alla gravidanza.
E’ questo buco nelle competenze che a Fontem preoccupa le ostetriche e che necessita di chiarificazione per il bene delle pazienti e la serenità psicologica delle ostetriche ma anche dei medici che talvolta si trovano nel dubbio se dover dare credito a ciò che viene loro proposto dal personale paramedico come unica soluzione possibile.
I due ginecologi italiani sono arrivati pronti a lavorare a pieno ritmo in sala parto e in sala operatoria, ma ignari di quello che invece occorreva in modo assai più urgente al personale della Maternità. Così, già dal secondo giorno, nell’ambito di una riunione organizzativa, è emersa la richiesta di approntare una serie di lezioni chiarificatrici sui problemi che più frequentemente si imponevano e di impiegare una parte del nostro tempo nelle attività di didattica.
Durante il nostro soggiorno in Camerun sono stati svolti 6 incontri pomeridiani bisettimanali di circa 2 ore ciascuno, con proiezione di diapositive e fornitura di materiale didattico debitamente approntato per le ostetriche ed un incontro riassuntivo finale con i medici. Si è così suddiviso l’ impegno tra attività ambulatoriali e di reparto con applicazioni pratiche al mattino, e attività di didattica tramite proiezioni di diapositive e lezioni interattive nel pomeriggio, combinate con i turni di sala operatoria e dalle urgenze ostetriche.
I medici inoltre avevano esternato la loro preoccupazione per l’eccessivo incremento numerico degli interventi di taglio cesareo, che si attestava attorno al 20% dei parti, e il loro desiderio di ridurre la quota dei parti operativi, questo sia per un fattore culturale (le donne infatti desiderano avere numerosi figli) che economico (in più del 50% dei casi le pazienti non sono in grado di saldare il debito con l’ospedale).
Si è percepita poi la necessità di sensibilizzare la popolazione locale a sottoporsi a controlli ostetrici regolari ed immediati in gravidanza iniziale con un’ecografia entro il primo trimestre di gravidanza per permettere una datazione meno approssimativa della gravidanza e del momento del parto. Così è nata l’idea di produrre un manifesto da affiggere nelle sale d’attesa e nei corridoi dell’ospedale che proponesse tali accertamenti come normali e necessari.
Il manifesto è poi divenuto anche il logo dell’Antenatal Care Unit ed è stato riportato in piccolo sul materiale cartaceo consegnato al personale infermieristico per istruire le utenti dell’ambulatorio.
L’ impegno dei due medici in quel periodo ha sortito con successo l’obiettivo prefisso: tutti parti avvenuti nel periodo della loro permanenza sono stati per via vaginale e che a questi si aggiungevano solo i 2 interventi di taglio cesareo ripetuto, precedentemente programmati, che avevano comunque presentato un buon decorso postoperatorio. (tabella 1 : cfr. n parti 2010 vs 2012).
Al mio rientro da Fontem, sono stata intervistata nell’ambito di un programma in cui si parlava di Fontem ed ho potuto parlare della mia personale esperienza, dicendo che:
“……… tutto avevo immaginato, tranne che mi venisse richiesto di fare della didattica, con tanto di diapositive in inglese ed incontri pomeridiani a tema. Tutto pensavo, fuorché di trovarmi di fronte ad un gruppetto di infermiere ed ostetriche attente e volenterose, pronte a prendere appunti, a riflettere su quanto veniva loro trasmesso, a fare domande chiarificatrici e ad affrontare un dibattito sulle questioni più spinose.
La mia sorpresa iniziale è stata grande, perché mi sembrava quasi un assurdo essere giunta fin laggiù per trascorrere pomeriggi e serate intere intenta a preparare slides di supporto alle lezioni teoriche su argomenti di ostetricia. Ma che bisogno c’era di arrivare fino a Fontem per poi mettersi a preparare diapositive come se invece si fosse in Italia o in un qualsiasi altro posto del mondo civilizzato? Non avrebbero potuto chiedermi di inviare loro un cd rom già confezionato, magari preparato a regola d’arte da qualche esperto del settore?
Ed invece, col trascorrere dei giorni, ho capito che loro mi stavano dando una grande opportunità! Sì, erano loro a darla a me, e non viceversa!
E l’opportunità che mi è stata offerta è stata quella di comprendere come la nostra più grande ricchezza, oltre al tempo che dedichiamo alle altre persone, è data dalla cultura, dalla cultura condivisa.
Eh sì ! Perché una cultura non condivisa, è una cultura sterile, e muore con il suo detentore. Mentre, la possibilità di mettere a parte del proprio sapere anche altre persone desiderose di conoscere fa sì che questa ricchezza porti molti frutti, moltiplicati per tutte le persone che hanno potuto accedervi e che a loro volta hanno la possibilità di condividerla con altri ancora.
Così, col susseguirsi delle lezioni, tra noi medici , le infermiere e le ostetriche si era venuta a creare un’unità d’intenti : lavorare insieme per il bene comune di tutte le nostre pazienti , presenti e future. Questo affiatamento ci ha spinto a lavorare sempre meglio e di più, ad avere una maggior fiducia reciproca, ad apprezzare l’importanza del lavoro di equipe.
Ma non solo, ha portato alla richiesta dal personale della Maternity Clinic di continuare con l’aggiornamento, ed alla nostra percezione dell’importanza del proseguire nel tempo con le lezioni.. In questo modo ci è sembrato di continuare ad essere presenti con loro in Cameroon!
Allora ho capito che tutto si racchiude in un atto d’Amore dove però, essendo questo circolare , non si discrimina più chi dà e chi riceve……”.
L’esperienza, a distanza di tre anni, continua. Le lezioni sono proseguite fino a settembre scorso. Per il 2014 è in programma un ciclo di lezioni-aggiornamento per i medici che lavorano in loco e le spese relative all’uso del collegamento internet saranno interamente coperte da una donazione offertami da colleghi che sono venuti a conoscenza del progetto.

Laura Bazzini, Novella Russo, Daniele Agostinelli, Piero Taiti