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Sviluppo della tecnologia e relazione medico-pazienteL’umanizzazione del rapporto medico-paziente e la centralità della persona (in particolare dei soggetti più deboli, in precarie condizioni economiche, in stato di disagio o di emarginazione, gli ammalati cronici e quelli non autosufficienti o con handicap) deve diventare un punto fermo nell’organizzazione della sanità pubblica.Nonostante tutto, ancora oggi in pieno boom tecnologico, il paziente desidera che il medico lo tocchi, gli metta una mano sulla pancia, gli ascolti il cuore con lo stetoscopio e lo faccia tossire. Questi semplici gesti servono a creare una particolare intimità tra medico e paziente, a rafforzare la fiducia, a spingere l’ammalato ad aprirsi e a raccontare i propri timori, non solo i propri sintomi. In questo modo si crea anche un legame umano tra chi cura e chi viene assistito e, sinceramente, credo che l’empatia tra due esseri umani non possa essere sostituita da nessun esame, per quanto perfetto esso sia. Non dobbiamo dimenticare che a volte proprio da quelle confidenze fatte dal paziente al medico quasi involontariamente, emerge l’elemento diagnostico più importante, la piccola tessera di un mosaico che neanche la tecnologia più moderna è in grado di evidenziare. Un rapporto improntato alla collaborazione, dunque, è sempre auspicabile. Lo scambio di opinioni dovrebbe rappresentare il momento più importante dell’incontro tra medico e paziente, e in medicina il tempo a questi dedicato può essere di per sé una terapia.

Con ciò non voglio certo sostenere che l’avanzamento tecnico-scientifico sia trascurabile, né certamente voglio rinnegare l’importanza della specializzazione dei medici e gli incredibili traguardi raggiunti, e la differenza che hanno rappresentato per milioni di persone che hanno visto, se non addirittura risolti, sicuramente migliorati i loro problemi di salute. L’ampliarsi delle conoscenze e l’evoluzione della tecnologia applicata alla medicina, infatti, hanno comportato grandi cambiamenti, molti dei quali estremamente positivi. Non c’è dubbio che il fatto di poter comprovare le proprie opinioni sulla base degli esami diagnostici di cui oggi disponiamo, riduce di molto i margini di errore, rende più semplice identificare il problema e aiuta ad operare scelte terapeutiche più mirate ed efficaci. L’informatica poi ha cambiato radicalmente le abitudini dei medici, che oggi possono seguire le condizioni di salute di un paziente stando a casa o in viaggio, collegandosi con la cartella clinica elettronica via internet e in alcuni casi anche via video, grazie ad una piccola telecamera collegata al letto della terapia intensiva. Si possono seguire e guidare interventi chirurgici a distanza, inviare immagini di vetrini da un continente all’altro, esaminare una TAC eseguita in un’altra città senza nemmeno alzarsi dalla poltrona del proprio studio, oppure in treno, sul computer portatile, mentre si viaggia in Toscana e il paziente si trova in un letto d’ospedale dall’altra parte dell’oceano. Inoltre, il costante flusso di informazioni permette una rapidità di intervento inimmaginabile sino a pochi anni fa, quando il piano terapeutico per i pazienti si faceva una volta al giorno. Ma, a conti fatti, continuo a pensare che l’esperienza e l’intuizione rappresentano ancora oggi due fattori molto importanti.
Inoltre, per salvare vite umane e migliorare la qualità di vita dei cittadini serve innanzitutto promuovere la prevenzione, assicurare capillari servizi di base, regolamentare la durata e la modalità dei ricoveri, informare e comunicare con i cittadini. Operazioni semplici da un punto di vista tecnico, perfino scontate, ma non per questo di facile o immediata adozione, anzi sempre più spesso accantonate in favore di scelte apparentemente più fruttuose.
Per vincere l’indispensabile lotta per una sanità più giusta, più umana e più efficace deve essere invocata la comune sensibilità alla sofferenza umana, perché è la perdita della salute che più di ogni altro evento scava le differenze sociali, economiche e culturali e perché quando si affronta il nodo della salute tutti ricordino che la medicina non è solo un mestiere. Tutti devono quindi essere incoraggiati a operare in questa direzione, chiamando a raccolta le forze che operano nel settore, ma soprattutto coinvolgendo i cittadini e ponendo le loro esigenze al centro del sistema. È necessario incontrare le vere necessità e soddisfare le reali esigenze dei cittadini fornendo loro riferimenti sanitari certi, cure adeguate, sicurezza di assistenza indipendentemente dal reddito o dalla collocazione geografica. L’assistenza sanitaria in quanto diritto di ogni cittadino deve essere garantita, allo stesso livello, in ogni area del paese. È necessario insistere sull’equità e sulla parità di accesso per ogni tipo di intervento preventivo o terapeutico, ma anche sulla semplificazione dell’organizzazione e sull’umanizzazione del rapporto tra il cittadino e il sistema sanitario. Il nostro Servizio sanitario nazionale è un bene molto prezioso e rappresenta l’unica possibilità per dare concretezza a un diritto inalienabile sancito dalla Costituzione: quello alla salute.

In questa ottica, l’aiuto dei medici di famiglia risulta di fondamentale importanza perché questi, nello svolgimento del proprio ruolo, accompagnano il cittadino lungo tutto l’arco della sua vita, dalla nascita alla terza età, insistendo su azioni di prevenzione e informazione.
Altra condizione indispensabile è l’informazione dei cittadini: tutti devono essere informati, in modo semplice e comprensibile, su quali sono i servizi a loro disposizione, in che modo è possibile accedervi, a cosa servono, dove si trovano, se e quanto costano, come si possono utilizzare. Particolare attenzione deve andare ai cittadini più deboli, per esempio gli anziani, in particolare quelli non autosufficienti.

di IGNAZIO R. MARINO

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Vuole contribuire all'elaborazione di una antropologia medica che si ispira ai principi contenuti nella spiritualità dell'unità, che anima il Movimento dei Focolari e alle esperienze realizzate in vari Paesi in questo campo.


 

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