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Educarsi alla relazioneDevo premettere che in pediatria ci troviamo di fronte ad un interlocutore indiretto e cioè al genitore che parla e comunica con il medico al posto del bambino. Questo è vero soprattutto nelle prime fasi della vita in cui la relazione con il bambino passa principalmente dalla mamma. Ricordo, a questo proposito, un colloquio, appena uscito dall’ospedale, durante il quale ho provato una sensazione di frustrazione. Una mamma e una nonna mi hanno espresso le loro difficoltà nell’alimentare un bimbo di circa un anno.

Erano persone in difficoltà e cercavano di farmi capire i loro problemi nell’alimentazione del piccolo e scientificamente trovavo molto banali le loro richieste.

Avevo, però, l’impressione di non averle aiutate e, soprattutto, ascoltate. Ho chiesto un parere alla psicologa del reparto da cui provenivo e le ho espresso la mia insoddisfazione. La psicologa mi ha consigliato di registrare il colloquio successivo e di riascoltarmi. La volta seguente ho fatto così e ho provato ad aumentare lo spazio di ascolto per cercare di capire meglio le loro difficoltà, piuttosto che tentare di fornire consigli generici e di poca utilità per loro. Mi sono riascoltato e ho avuto la netta impressione di non ascoltare la loro storia e di limitarmi a risposte standardizzate che non potevano andare bene in ogni caso. Questo episodio è stato la chiave di volta nella mia formazione professionale e ha determinato la scelta di occuparmi di counseling prima e di medicina narrativa poi.

Non so se questa risposta sia valida per altri colleghi, ma nel mio caso, ha rappresentato una svolta decisiva.

Direi con una frase che sono passato dall’attenzione per i casi all’interesse per la storia e i narratori.

Alla luce dell’evoluzione della medicina, ho l’impressione che abbiamo smarrito la bussola di fronte alla complessità e alla ricchezza del rapporto con il paziente. Diceva Murri, all’inizio del secolo scorso: «il malato che narra è più o meno fedele alla verità, secondo le facoltà proprie; ma perde o acquista in esattezza secondo le facoltà di chi lo interroga; il medico deve chiedere con pazienza, attendere dando tempo di rispondere e aiutare i richiami della memoria. In breve, al medico occorre quel tanto di acume nel chiedere, quel tanto di benevolenza nell’attendere la risposta, quel tanto di serietà nell’ascoltare che ispirino fiducia nel malato».

A distanza di circa cento anni è impressionante la sintesi operata da Murri nelle sue Lezioni di clinica medica. Sembra il manifesto della medicina narrativa, riscoperta, di recente, nel mondo anglosassone (Greenhalgh, Good).

Per quanto riguarda la comunicazione/relazione, all’interno di un’équipe multidisciplinare, ritengo necessaria la contaminazione tra i vari saperi. Faccio parte di un centro provinciale, a Verona, che si occupa di maltrattamento infantile e mi sono potuto rendere conto dell’importanza della percezione del problema che ognuno di noi riesce a cogliere dal proprio punto di vista. Una problematica così complessa e dolorosa non può essere affrontata se non da un’équipe multidisciplinare.

La discussione delle storie si arricchisce delle varie competenze (psicologiche, sociali, educative e sanitarie) e l’ascolto reciproco è essenziale per inquadrare i problemi nelle varie sfumature. Certo, il confronto tra saperi diversi richiede la ricerca di un linguaggio comune la voglia di contaminarsi, senza aver la paura di perdere la propria specificità. La co-costruzione di un percorso che metta al centro la famiglia è una sfida che vale la pena d’ingaggiare nell’interesse di tutti.

Proprio questa esperienza sul campo mi ha permesso di verificare la crescita dell’équipe in cui ognuno si sente parte di un sistema.

Spero che questo contributo possa andare nella direzione di una ricerca comune di nuove modalità di formazione alla comunicazione/relazione sia nel rapporto con il paziente sia nell’attività interprofessionale.

di MICHELE GANGEMI

La relazione: l'essenza dell'arte medica

i medici si raccontano

Health Dialogue Culture

Vuole contribuire all'elaborazione di una antropologia medica che si ispira ai principi contenuti nella spiritualità dell'unità, che anima il Movimento dei Focolari e alle esperienze realizzate in vari Paesi in questo campo.


 

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