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L’infarto cardiaco è l’esempio emblematico di come la psiche, sottoposta ad un grave stress, possa influire negativamente sul nostro corpo.

Questo nesso fu intuito da Heberden, il famoso cardiologo inglese che intorno al 1770 descrisse per primo “l’angina pectoris” che lo aveva colpito già da tempo. Ne era talmente convinto che spesso diceva: «Sono nelle mani del primo imbecille che mi farà arrabbiare».

Hunter, un altro famoso medico inglese dello stesso periodo, dopo un’animata discussione in ospedale, andò via con una forte arrabbiatura repressa e poco dopo morì improvvisamente emettendo un lungo gemito.

Come si sa, l’infarto, dovuto all’occlusione di un’arteria coronarica, può produrre una rottura della parete cardiaca tanto grande da provocare la morte immediata. Quando la rottura è più modesta invece si formano delle cicatrici più o meno grandi a seconda del territorio muscolare che è stato privato della circolazione sanguigna.

Il cuore di santa Teresa d’Avila, conservato in un’urna di cristallo di rocca ad Alba de Tormes, dimostra una lacerazione del ventricolo sinistro che potrebbe essere stata la causa della sua morte. Verosimilmente la “spada di fuoco” che, fin da giovane le trapassava il petto poteva essere causata dallo stress, appannaggio anche dei mistici, associato ad una malattia coronarica.

È interessante notare come le intuizioni cliniche dei medici del Settecento abbiano trovato conferme nelle ricerche compiute dalla medicina contemporanea. La psiconeuroendocrinoimmunologia, quel settore della medicina che si occupa dei complessi rapporti esistenti tra i vari sistemi che formano il nostro organismo, ne dà una convincente prova, con uno studio realizzato da un gruppo dell’università di Helsinki su oltre seimila persone, pubblicato su Psychosomatic Medicine. La ricerca documenta una relazione diretta tra depressione e Pcr (proteina C reattiva), un indice infiammatorio, riscontrabile nel sangue. Maggiore e più recente è la depressione, spiegano i ricercatori, maggiore è il livello di Pcr e quindi di infiammazione. Sempre su Psychosomatic Medicine, un gruppo universitario americano di psichiatria ha documentato, in persone con malattia coronaria, una relazione diretta tra depressione e alti livelli di serotonina nel sangue. Superata una certa soglia di questa sostanza ormonale nel sangue, aumenta fortemente il rischio di attacco cardiaco.

In Germania questa malattia era stata definita Managerkrakheit, ma indagini successive capovolsero il problema perché si dimostrò che i subalterni fossero colpiti più spesso dei capi. Una recente indagine svedese su tremila lavoratori, controllati per dieci anni, ha dimostrato che i 74 soggetti andati incontro a un infarto hanno dichiarato di avere un rapporto conflittuale con il loro capo che consideravano incompetente, incapace di relazionarsi con i suoi collaboratori e sempre prevaricatore.

 

Anche se la valutazione dello stress, sia acuto sia cronico, è difficile, non v’è comunque dubbio che sia nocivo per l’apparato cardiocircolatorio, essendo capace di provocare aumento del battito cardiaco, aritmie, ipertensione, danno coronarico. Ma esso può influire negativamente anche sull’apparato gastroenterico, sul sistema nervoso (cfr. Città nuova, n. 9/2009, pag. 77), su quello respiratorio, sulla cute.

Si pone quindi il problema di come prevenirlo, adottando uno stile di vita che dovrebbe essere l’esatto contrario di quello vigente nella società occidentale, competitiva e basata sulla ricerca di un benessere effimero.

 

Ne parleremo ancora.

FONTE: CITTÀ NUOVA - MENSILE

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